C’è una frase interessante che è importante conoscere se si frequentano i social e in generale in questo mondo complicato: “Se una cosa è gratis quello che stai vendendo sei tu”. Si riferisce in generale ai dati personali, di interesse e di consumo che vendiamo sistematicamente ad una serie di soggetti che ci danno in cambio servizi on line (come i social network, giusto per fare un esempio). Ecco, quello che facciamo alla Scuola, dal mio punto di vista, è qualcosa di simile: offriamo una serie di percorsi gratuiti nei quali, però quello che chiediamo, è di regalarci/si uno spazio di condivisione di sé. I temi sono i più diversi ma, mi sembra, sono quelli più adatti a facilitare un passaggio essenziale di fioritura propria e collettiva.
Sono già un po’ di giorni che ci rifletto, soprattutto dopo l’ascolto di questo episodio (https://open.spotify.com/episode/6UbdaYBzShR4RHRNA8niX9?si=zztfQMgfRgm2Be1op0rP_A) del podcast Non hanno un amico di Luca Bizzarri (https://open.spotify.com/show/47tTRdYaS4J7XtgbvQxR48) e dopo la lettura di alcune storie di @lhascrittounafemmina (https://www.instagram.com/lhascrittounafemmina/) su IG. Nel podcast si prendeva ad esempio una profonda chiacchierata fatta dall’autore con il fratello prima di una operazione chirurgica preoccupante in cui il tema apparente era il calcio, il tema vero erano loro due. Nelle storie di Carolina Capria si racconta di una frase ripetuta spesso dal padre che è parte di una poesia di Juan Ramon Jiménez che dice:
Non correre, va piano, ché
verso te soltanto devi andare.
Va piano, non correre, ché il
bimbo del tuo io, neonato
eterno, non ti può seguire.
Un’altra cosa che mi è capitata è di ascoltare il racconto di un’amica che, di fronte ad una malattia grave che le è stata diagnosticata come incurabile ha passato anni a cercare qualcuna che la guarisse facendo un miracolo e alla fine l’ha trovata. Nelle sue parole non solo la meraviglia e la gratitudine ma anche lo stupore e la gioia si potevano quasi toccare. Questa amica da molto tempo percorre anche una via spirituale molto diversa dalla mia ma comunque impegnativa e collettiva.
Nella stessa serata ho ricevuto il messaggi di un’altra amica che mi comunicava una diagnosi di tumore, una operazione imminente e una richiesta di agire “magico” in qualsiasi direzione. Sono stata un po’ titubante sul consigliarle la guaritrice miracolosa perché mi sono chiesta se, in qualche modo, se lo “meritasse”. La mia amica miracolata mi ha risposto che la Grazia non è qualcosa che ci si può meritare secondo criteri della nostra scarsa e parziale visione. In particolare mi ha scritto:
“Nessuno per quanti sforzi personali possa fare può mai essere pronto per ricevere una Grazia, né percorsi né cambiamenti né predisposizione, quella avviene per qualcosa di indipendente, è un regalo e avviene per un motivo a noi sconosciuto ma che rientra in una qualche funzione, in un qualche piano, in una ragione che solo a posteriori forse si può leggere. Io non ho fatto nulla di meritevole per avere avuto la grazia. Sono anche peggio di prima in quanto a misericordia, a generosità, a apertura, a bontà, a preghiera. Però posso testimoniare questo: Si tratta di amore. Amore che piove anche se non lo chiedi convinta, anche se non lo chiedi proprio. Magari posso ringraziare dicendo ad altri di questo amore e così altri possono guarire. Noi non sappiamo, è troppo più grande di noi. Siamo circondati da miracoli che non riusciamo a vedere. In una economia più grande non sono miracoli, è la normalità. Qualcuno nasce così e si prende le malattie e le sofferenze di altri e le trasforma. Quello che vogliono è l'amore: Vogliono che la gente sperimenti l'amore e provi amore e diffonda amore. Hanno avuto un dono che è anche un peso e lo mettono a disposizione di tutti, brutti e belli, buoni e cattivi, se cattivi diventano buoni e si mettono a servire. Un punto di luce come ogni tanto ne nascono nel mondo in luoghi e tempi diversi per dare coraggio. Per ora la vedo così.” Quindi mi ha invitato a segnalare la guaritrice e a lasciare che sia altro a continuare sul sentiero. Così ho fatto e dopo qualche settimana ho saputo che non ci andrà, preferendo un esorcista.
In questi giorni sto anche riflettendo sul fatto che quasi sempre nel percorso di base si parte in 13 e si finisce in 8-9, se va bene. Ormai comincio a poter fare una statistica sulle motivazioni portate da chi sceglie di andarsene (anche solo facendo due assenze, il che fa scattare automaticamente l’esclusione):
1) ero qui per fare un corso e non sto imparando nulla;
2) per poter condividere ad un livello per me accettabile avrei bisogno di basi più solide che non ho e non mi state dando;
3) mi annoio.
Ecco, io credo che il punto profondo del nostro lavoro nella scuola è che abbiamo delle pretese sul noi. Potremmo parafrasare la poesia dicendo: “Non correre, va piano, ché verso noi soltanto stiamo andando”.
Un’altra frase che ci accompagna dall’inizio della nostra esperienza nella Scuola è “Ognuna è responsabile della propria esperienza e di quella di ogni altra”. In questi termini è necessario non solo aver fiducia nel processo, che siamo TUTTE qui per fare in modo che ognuna e tutte traggano da questa esperienza ciò che a loro serve, ma che lo facciamo tutte insieme, non le facilitatrici verso le partecipanti ma anche viceversa e fra tutte, e questa è una cosa rispetto alla quale nessuna ha effettiva esperienza e quindi spesso può lasciare perché non riesce nemmeno ad immaginarlo.
Se questo fosse un corso come qualunque altro ci sarebbe qualcosa da pagare e non solo una quota associativa. Quello su cui chiediamo di indagare prendendo quasi a pretesto i 13 temi e anche tutti gli altri è la propria verità perché è l’unica che ci sembra interessante ed è quella da cui davvero riusciamo tutte ad imparare.
Il primo passaggio è quindi, intanto, di fare pulizia, ma non con salvia bianca e nemmeno con un mazzetto autoprodotto di erbe autoctone, ma innanzitutto delle proprie abitudini e, quindi, condizionamenti. Non abbiamo “basi” da fornire perché le basi non esistono: tutta la verità di migliaia di anni di esperienza di relazione fra donne e Natura è stato bruciato nei roghi delle streghe e in questo vuoto ci vengono offerte mille nuove verità fra cui perdersi, perché per OGNI tema ognuna deve trovare la propria autentica traccia, verso sé soltanto sta andando.
Quanto al terzo punto, la noia, in questo caso credo manchi proprio un requisito essenziale per stare in un cerchio e non in una classe come siamo abituate: l’interessa per l’altra motivato, principalmente, dal riconoscere che non potendo vedermi da fuori, l’unica possibilità di una visione di me è nel rispecchiarmi negli occhi altrui. Quella visione può non piacermi, e allora stare nella relazione vuol dire essere disponibile alla critica non-violenta sia nel farla (prendendomi la responsabilità del mio sentire) sia nel riceverla senza dare spazio al senso di colpa, al giudizio e alla spasmodica ricerca della soluzione. Questo è anche uno dei pilastri del movimento rivoluzionario kurdo, per dire: non stiamo parlando solo di ricerca personale, stiamo parlando di politica perché il personale è politico e non possiamo dimenticarlo. La mia fioritura, personale e nel cerchio, può essere testimonianza e conforto per altre sia singolarmente che in ambiti di attivismo.
Quello che è necessario fare per starci comode (dopo un po’) è togliersi di dosso molto delle cornici in cui si muove il nostro pensiero e che, tipicamente, sono costruite per mantenere in piedi un sistema che vuole che restiamo al posto che ci è stato assegnato.
Questa operazione può essere difficile soprattutto perché, in un mondo che ci sommerge continuamente di problemi con il preciso scopo di distrarci, farci andare veloce e non lente abbastanza da vederci e da accompagnarci con la nostra eterna neonata (e con le eterne neonate delle altre), possiamo credere che senza quelle cornici cadremo nel vuoto. Un po’ è così, ma qualcosa di esperienza ormai ce la siamo fatta e sappiamo che la caduta dal crinale fra oppressione e libertà può portare caos e distruzione, ma senza fare spazio non ha senso fare incantesimi: non ci sarà posto perché ciò che chiediamo arrivi e, soprattutto, se ciò che chiediamo non ha relazione con il nostro autentico desiderio, semplicemente non arriverà, questa è una delle poche cose di cui sono certa.
Abbiamo anche la pretesa, verso chi se ne va, di richiedere un saluto.
In conclusione, sono perfettamente d’accordo con chi sceglie di andarsene perché non ha voglia di fare tutto questo mostruoso lavoro senza, magari, il sostegno di psicologhe o maghe, guaritrici, sciamane o esorcisti. Non voglio togliere nulla a nessuna di queste e anch’io ne ho e ne ho avuto abbondante bisogno (non di tutti…), faccio segnature a chiunque me lo chieda senza fare alcuna analisi di quanto se lo meritino e funzionano per tutte.
Quello che facciamo qui è un lavoro diverso: proponiamo come controparte il cerchio che è tutte e nessuna e abbiamo abbastanza esperienza di ghosting e di gruppi WA per sapere che non è uno spazio sicuro. La sfida, la nostra, è farlo diventare tale qui come in ogni spazio di donne. Sapevatelo.
Annalisa De Luca (con l’essenziale supporto di Elisabetta, amica e sorella)
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